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Santi del 2 Novembre

Il mio Santo > I Santi di Novembre

*Santi Abati di Agauno (2 novembre)

Ad Agauno, il luogo dove, secondo la tradizione, furono uccisi e sepolti i principali martiri della legione tebana, che poi dal loro comandante venne chiamato San Maurizio nel Vallese, verso la metà del sec. IV il vescovo di Octodurum (Martigny) Teodoro edificò una chiesa accanto alla quale sorse contemporaneamente o poco dopo un cenobio, che alla fine del sec. V troviamo sotto il governo di San Severino.
Tale cenobio, dopo un breve periodo di decadenza, per impulso del vescovo di Ginevra, Massimo, fu restaurato da Sigismondo, figlio del re dei Burgundi, che lo affidò a Innemodo, fatto venire dal monastero di Grigny, presso Vienne.
A Innemodo successe Ambrogio, già monaco a Insula Barbara presso Lione. Suo merito precipuo fu il restauro della chiesa di S. Maurizio e l’introduzione nel monastero di Agauno della “laus perennis” o “psalmodia perpetua”, per cui i religiosi (si parla di 900) si alternavano al coro senza interruzione giorno e notte.
Ambrogio morì nel 520 o 521 e fu sepolto nella chiesa del suo monastero. Ecco la lista dei primi dodici abati di Agauno dopo la riforma di San Sigismondo, seguita dall’indicazione del giorno della morte e della durata del governo di ciascuno.
Innemondo morì il 3 gennaio del 516 dopo sette mesi di governo; Ambrogio morì il 2 novembre del 520 o 521 dopo cinque anni di governo; Achivo morì il 29 marzo, dopo due anni e quattro mesi di governo; Tranquillo morì il 12 dicembre, dopo tre anni e sei mesi di governo; Venerando morì il 7 ottobre, dopo tredici anni di governo; Paolo morì l’8 novembre, dopo diciotto anni di governo; Placidiano morì il 5 marzo, dopo dieci anni e cinque mesi di governo; Eutropio morì il 19 settembre, dopo tre mesi e diciotto giorni di governo; Paolo morì il 15 maggio, dopo otto anni, tre mesi e ventitré giorni di governo; Martino morì il 13 marzo, dopo due anni e tredici mesi di governo; Ambrogio morì il 15 ottobre, dopo trent’anni, sei mesi e due giorni di governo; Leonzio morì il 27 marzo, dopo cinque anni, cinque mesi e otto giorni di governo.
La loro festa si celebra il 2 novembre.
(Autore: Alfonso Codaghengo – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santi Abati di Agauno, pregate per noi.

*Santi Acindino (Acendino), Pegasio, Aftonio, Elpidiforo, Anempodisto e Compagni - Martiri in Persia  (2 novembre)
† Isfahan (Persia), 341/345 ca.
I Santi martiri Acindino, Pegasio, Aftonio, Elpidiforo, Anempodisto ed i numerosi loro compagni patirono il martirio in odio alla fede cristiana sotto il re Sapore II di Persia, tra gli anni 341 e 345.

Etimologia: Acindino = Acidinus (leggermente acido), soprannome romano
Martirologio Romano: In Persia, Santi Acíndino, Pegasio, Aftonio, Elpidíforo, Anempodisto e molti compagni, martiri, che si tramanda abbiano subito la passione sotto il re Sabor II.
Acindino, Pegasio, Aftonio, Elpidoforo, Anempodisto
Questi Santi martiri in Persia, sono menzionati in una ‘passio’ greca del tempo di Eraclio (610-614), storicamente di scarso valore, che ci è pervenuta in una rielaborazione di Simeone Metafraste, agiografo bizantino del X secolo, e in una versione latina nel codice 1622 dell’Università di Padova.
La vicenda narrata dalla ‘passio’, si svolse al tempo del re di Persia Sapore II (310-379); infuriando le persecuzioni contro i cristiani, che in contrapposizione alla libertà di culto concessa dall’imperatore romano Costantino il
Grande nel 313, furono considerati dai persiani, una ‘quinta colonna’ dell’Impero romano, con cui Sapore II era in ostilità.
Il re fece catturare Acindino, Pegasio e Anempodisto ferventi cristiani, i quali furono sottoposti ad interrogatorio e torturati secondo la prassi del tempo, ma poi furono miracolosamente risanati, le loro catene si spezzarono e si fusero, mentre una violenta bufera si abbatté sulla città reale di Isfahan; mentre Sapore II perdette la voce, che riacquistò per intercessione degli stessi martiri.
Come per altri racconti antichi sul martirio dei cristiani, il supplizio non si fermò qui; i tre cristiani furono immersi nel piombo fuso e ne uscirono illesi, fra lo stupore dei carnefici, dei quali uno, Aftonio, si convertì e fu subito decapitato; si tentò di ucciderli gettandoli in mare chiusi in un sacco, ma essi risalirono dalle onde incolumi.
Intanto nel Senato persiano, Elpidoforo e altri senatori, avevano preso le difese dei cristiani, pagando anch’essi con la vita il loro coraggio.

Alla fine Acindino, Pegasio e Anempodisto, furono bruciati vivi a Isfahan, era circa il 350 d.C.
Le loro reliquie furono più tardi traslate a Costantinopoli e venerate in una chiesa a loro dedicata; nel 1204 durante la quarta crociata, una reliquia di Acendino finì in Francia a Vedans e da lì nell’abbazia di Rosières; fu perduta durante la Rivoluzione Francese e ritrovata un secolo dopo, nel 1892 a Grozon.
I Santi martiri sono venerati in Oriente e in Occidente il 2 novembre e particolarmente ricordati dalla Chiesa Bizantina; sono raffigurati nella celebre Pala d’Oro della Basilica di San Marco a Venezia.
Sant’Acindino o Acendino, il cui nome deriva dal soprannome romano ‘Acidinus’, che significa “leggermente acido”, è venerato come titolare della Parrocchia di Gasponi (frazione del Comune di Drapia, in provincia di Vibo Valentia, la cui festa ricorre però il 3 novembre, a causa che il 2 è la Commemorazione dei Defunti.
(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santi Acindino, Pegasio, Aftonio, Elpidiforo, Anempodisto e Compagni, pregate per noi.

*Sant'Ambrogio - Abate (2 novembre)

Martirologio Romano: Nel monastero di Saint-Maurice-en-Valais nell’odierna Svizzera, Sant’Ambrogio, abate, che fu dapprima superiore del monastero della Île-Barbe vicino a Lione e, trasferito poi in questa sede per l’insigne fama della sua condotta di vita religiosa, vi istituì l’usanza della lode perenne.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Ambrogio, pregate per noi.

*Santi Carterio, Stiriaco, Tobia, Eudosio, Agapio e Compagni - Martiri (2 novembre)
Martirologio Romano:
A Sivas nell’antica Armenia, Santi Carterio, Stiriaco, Tobia, Eudossio, Agapio e compagni, martiri, che, soldati, si racconta siano stati gettati tra le fiamme, sotto l’imperatore Licinio, per aver perseverato nella fede in Cristo.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santi Carterio, Stiriaco, Tobia, Eudosio, Agapio e Compagni, pregate per noi.

*Beati Corrado e Voislao - Martiri in Prussia (2 novembre)
+ 1289 circa
Frati Minori, si diedero a predicare con fervore il Vangelo in Prussia.
Arrestati dagli infedeli, verso il 1289, dopo molti tormenti furono messi a morte. Ebbero onorevole sepoltura e sono ricordati il 2 novembre.
(Autore: Rodolfo Toso d’Arenzano – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beati Corrado e Voislao, pregate per noi.

*San Donnino di Vienne - Vescovo (2 novembre)

Martirologio Romano: A Vienne nella Gallia lugdunense, ora in Francia, San Donnino, vescovo, che si adoperò per la liberazione dei prigionieri.
San Donnino è un vescovo di Vienne. Non cvi è concordanza sulla sua posizione nella cronotassi dei vescovi.
Secondo Adone figura al diciannovesimo posto, secondo altri è inserito al ventiduesimo posto. Quasi sicuri sono gli anni del suo governo. Infatti, in entrambe le liste figura dopo San Giuliano (518-533) e prima di San Pantagato menzionato nel 538.
Da queste deduzioni possiamo affermare che governò la diocesi nel terzo decennio del Vi secolo per un breve periodo, tra gli anni 533 e 538.
Secondo la descrizione di Adone, San Donnino è stato amico dei poveri, liberatore dei prigionieri, prelato di santa vita.
Nel libro episcopale di Vienne, compilato dall’arcivescovo Leodegario, il suo epitaffio era “tanto elogiativo, quanto vago” e la sua festa era fissata al 3 novembre.
Anche di questo vescovo non sappiamo altro.
Oggi la sua festa nel martirologio romano riformato è fissata nello stesso giorno indicato da Adone, il 2 novembre.
(Autore: Mauro Bonato - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Donnino di Vienne, pregate per noi.

*San Giorgio di Vienne - Vescovo (2 novembre)
Martirologio Romano: A Vienne, San Giorgio, vescovo.
San Giorgio è il trentacinquesimo vescovo di Vienne. Nella lista dei vescovi, figura dopo San Bobolino e prima di San Deodato.
San Simplicio, secondo il catalogo antico contenuto nella Cronaca di Adone, redatta nella seconda metà del IX secolo, fa parte di quella lista di oltre quarantacinque vescovi santi della diocesi francese.
Il suo episcopato è da inserire nei tredici anni che intercorrono tra i vescovi San Caldeoldo dopo il 664 e San Bildranno 677.
Di lui non sappiamo nulla.
Alcuni storici hanno ipotizzato la sua origine spagnola, ma le moderne fonti storiografiche ritengono che questa sia una semplice invenzione non suffragata da alcun dato reale.
Esiste un testo del 1239, nel quale era indicato quale luogo della sua sepoltura il monastero di san Pietro.
Nella diocesi di Vienne la sua festa, secondo il martirologio romano, è celebrata nel giorno 2 novembre.
(Autore: Mauro Bonato - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Giorgio di Vienne, pregate per noi.

*Beata Giovanna Maria Cavenago - Badessa (2 novembre)

XVI sec.

La Beata Giovanna Maria Cavenago visse nel XVI secolo. Di lei abbiamo scarsissime notizie. Sappiamo che era una clarissa nel monastero milanese di Santa Maria di Gesù.
In quel monastero fu eletta varie volte badessa. Trascorse tutta la sua vita nelle più austere penitenze e fece lunghi periodi in assoluto digiuno.
Morì a ottantadue anni.
Il martirologio francescano celebra la sua festa il 2 novembre.

(Autore: Mauro Bonato - Fonte: Enciclopedia dei Santi)

Giaculatoria - Beata Giovasnna Maria Cavenago, pregate per noi.

*Beato Giovanni Bodey - Martire (2 novembre)

Martirologio Romano: Ad Andover nella contea di Hampshire in Inghilterra, Beato Giovanni Bodey, martire, che, maestro di scuola, morì impiccato e sventrato per aver rifiutato di riconoscere l’autorità della regina Elisabetta I nelle questioni spirituali.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Giovanni Bodey, pregate per noi.  

*San Giusto di Trieste - Martire (2 novembre)
Martire a Trieste nell’anno 303
Visse ai tempi degli imperatori Diocleziano e Massimiano. Sarebbe stato martirizzato nel 290 o nel 303. Giusto viveva ad Aquileia e la sua fede era ben nota ai concittadini.
Quando giunse l’ordine di convincere i cristiani ad abiurare la loro fede, si rifiutò e fu tra i primi ad essere imprigionato.
Il prefetto Manazio lo sotto pose ad atroci tormenti, senza riuscire a piegarne la volontà. Mai egli avrebbe sacrificato agli dei pagani.
Il supplizio durò parecchi giorni, fino a che Manazio non decise di condannarlo a morte.
Etimologia: Giusto = onesto, probo (sign. Intuitivo)
Emblema: Palma
Martirologio Romano: A Trieste, San Giusto, martire.
C’è un imperatore a Nicomedia (nell’Asia Minore) e un altro a Milano: sono Diocleziano e Massimiano, entrambi col titolo di “Augusti”. Poi ci sono due “Cesari”, ossia due vice e successori designati: Galerio a Sirmio (ora Mitrovica, Serbia) e Costanzo a Treviri, in Germania.
Questa è la tetrarchia, cioè il nuovo ordinamento di vertice che deve rinsaldare l’Impero romano, insieme alle vittorie contro i nemici e alla disciplina interna.
Per accrescere quest’ultima, Diocleziano usa la tecnica delle monarchie orientali, proclamando il carattere divino dell’imperatore.
E qui la sua storia di grandioso stratega s’incrocia a sua insaputa con quella di Giusto, un cristiano della Venezia Giulia che ha una piccola, amabile fama nel suo ambiente triestino: uomo di grande
penitenza e di larga generosità, cristiano fin dall’infanzia "grazie ai miei genitori".
Così risulta dalla narrazione del suo martirio (Passio).
Il documento è stato inserito negli Acta sanctorum dai bollandisti, come testo derivante dagli atti ufficiali del processo. Giusto è anche sacerdote? Il Dizionario ecclesiastico della Utet, editato nel 1952, ritiene di sì, senza però aggiungere elementi di conferma.
Quest’uomo pio è raggiunto nell’anno 303 dall’ordine imperiale che impone a tutti i cristiani di testimoniare la propria fedeltà al sovrano (anzi, ai quattro sovrani) sacrificando agli dèi di Roma, tra i quali Diocleziano colloca ormai anche sé stesso.
Il governatore romano locale, o preside, di nome Mannaccio, convoca ogni cristiano e gli comunica l’ordine.
Per chi non obbedisce c’è la morte.
Quando chiamano lui, Giusto non si comporta da nemico o da ribelle: è un suddito fedele dell’imperatore. Ma non può sacrificare alle divinità romane, perché il suo Dio è Gesù Cristo. La condanna è perciò inevitabile.
Il preside Mannaccio fa buttare Giusto in mare davanti a Trieste, legato a pesi che lo trascinano subito in fondo. Ma poi i legami si sciolgono e il corpo del martire riemerge, finendo sulla spiaggia.
Accorrono un sacerdote e un gruppo di cristiani, che rendono le estreme cure alla salma e poi le danno sepoltura vicino al luogo del ritrovamento.
Nel quinto secolo, su un’altura si costruisce una basilica cristiana, dove c’era stato un tempio dedicato alle antiche divinità. E lì viene poi trasferito il corpo del martire, che darà il suo nome all’altura: Colle di San Giusto.
Continua e si sviluppa il suo culto attraverso il tempo. La chiesa a lui dedicata sul Colle verrà fusa nel XIII secolo con quella adiacente, dedicata all’Assunta: e così nascerà la nuova cattedrale di Trieste, che sarà intitolata al suo nome.
Patrono di Trieste, la festa di san Giusto cade il 2 novembre, ma per motivi liturgici (lo stesso giorno si fa la commemorazione dei fedeli defunti) viene posticipata al giorno successivo, il 3 novembre.
(Autore: Domenico Agasso – Fonte: Enciclopedeia dei Santi)
Giaculatoria - San Giusto di Trieste, pregate per noi.

*San Malachia di Armagh (Mael Madoc ua Morgair) - Vescovo (2 novembre)
1094/5 - 2 novembre 1148
Etimologia:
Malachìa = inviato da Dio, messo del Signore, dall'ebraico
Emblema: Bastone pastorale
Martirologio Romano: Nel monastero di Chiaravalle in Burgundia, ora in Francia, deposizione di San Malachia, vescovo di Down e Connor in Irlanda, che rinnovò la vita della sua Chiesa e, giunto a Chiaravalle mentre era in cammino per Roma, rese lo spirito al Signore alla presenza dell’abate San Bernardo.
Il vescovo S. Malachia è una delle più belle glorie che la Chiesa Cattolica vanti nella terra d’Irlanda.
Nacque in quell’isola l’anno 1094 da nobili e pii genitori che lo educarono rettamente nella religione cristiana e l’avviarono assai per tempo per le vie del sapere, sotto la guida di dotti maestri.
Ancora giovanissimo si diede a vita eremitica, sotto la direzione di Imaro, uomo insigne nella santità e nella penitenza.
Dopo qualche tempo il pubblico venne a conoscenza delle virtù del giovane eremita e coloro che prima lo deridevano e disprezzavano furono presi da santa ammirazione.
La fama della sua santità giunse anche alle orecchie dell’Arcivescovo di Armac, che per divina ispirazione lo volle ordinare sacerdote. Malachia, stimandosi indegno di tale dignità, si rifiutò, ma costretto dall’ubbidienza dovette sottomettersi.
Sostenuto dalla divina grazia e irreprensibile nei costumi, ebbe dapprima l’incarico di predicare la Parola. Si dedicò a quest’apostolato con tanto zelo che in pochi anni la diocesi mutò d’aspetto.
Rimasta vacante la chiesa di Cannoret, Malachia fu eletto alla dignità episcopale. Fu un nuovo rifiuto da parte sua, ma l’ubbidienza lo costrinse un’altra volta ad accettare. Fiducioso nell’aiuto
divino, in breve stabilì tra quelle popolazioni una esemplare vita religiosa.
Prima di morire, l’Arcivescovo di Armac aveva manifestato il desiderio di avere per successore il Santo, e clero e popolo accolsero lieti la proposta: ma un parente del defunto Arcivescovo ne usurpò la sede. Malachia, fu perseguitato, calunniato, ma alla fine la giustizia trionfò. Lasciato allora il governo di quella chiesa a Gelasio, dotto e pio vescovo, ritornò a Connoret, che divise in due diocesi, tenendo per sè la più piccola, quella cioè di Duno.
In Duno formò un capitolo di Canonici Regolari, che associò a sé nel governo della diocesi, e intraprese con essi vita religiosa.
S’accresceva intanto la stima e la venerazione verso di lui, sia per le sue eccelse virtù, sia per i prodigi che operava: ma quanto più veniva esaltato, tanto più il Santo si umiliava.
In un viaggio che fece in quel tempo a Roma, ricevette la potestà di Legato Apostolico d’Irlanda. Desiderando che l’Arcivescovo di Armac fosse eletto cardinale ed essendo venuto in Francia il Pontefice Eugenio III, si recò a fargli visita, ma giunto sul suolo francese ebbe notizia che il Papa era ripartito per l’Italia. Allora si recò nel convento di Chiaravalle, dove fu ricevuto da S. Bernardo e dai suoi monaci con grande allegrezza.
Ma dopo pochi giorni Malachia venne colpito da improvvisa febbre: il male si aggravò e Malachià morì, secondo le sue predizioni, tra le preghiere di quei religiosi il giorno 2 novembre 1149. San Bernardo ne fece l’elogio funebre e ne scrisse la vita.
(Autore: Antonio Galuzzi – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Malachia di Armagh, pregate per noi.

*San Marciano di Siria - Confessore (2 novembre)

Sec. IV Monaco del IV secolo, abbandonò la carriera militare per vivere da eremita nel deserto dell'Asia minore. Di lui parla la «Storia dei monaci» scritta nel 423 da Teodoreto vescovo di Ciro che ne sottolinea lo spirito di penitenza. La sua piccola cella nella Calcide era meta di gente in cerca di conforto e saggezza.
Una volta, interrogato da 5 vescovi stette a lungo senza parlare. Quando i suoi intervistatori gli fecero notare che il suo silenzio poteva essere segno di umiltà ma anche mancanza di carità, rispose: «Il Signore dell'universo ci parla continuamente per mezzo del creato; ci istruisce per mezzo delle Sacre Scritture; ci insegna quel che dobbiamo fare, spaventandoci con la minaccia dei castighi e spronandoci con la promessa dei premi divini.
Che cosa potrebbe aggiungere Marciano a tutto ciò?». Marciano viveva poveramente e si mortificava, ma non faceva di queste cose lo scopo della sua vita. L'unico scopo dell'uomo è
infatti la carità, anche se abita lontano dagli uomini. (Avvenire)
Martirologio Romano: Commemorazione di San Marciano, eremita, che, nato a Cirro nel territorio dell’odierna Turchia, si ritirò in monastero a Calcedonia, dove, vivendo in una angusta dimora, non si nutriva che la sera di poco pane e acqua, anteponendo tuttavia al digiuno l’amore fraterno.
San Marciano, eremita del IV secolo, visse in un deserto dell'Asia Minore. Egli ha avuto la fortuna di essere stato ricordato da uno scrittore d'eccezione, Teodoreto, Vescovo di Ciro, il quale compose, nel 423, una "Storia dei Monaci", dando larga parte a Marciano, nato a Ciro, quindi gloria di quella città.
Naturalmente anche Teodoreto parla della cella nel deserto, dove non c'era posto che per una sola persona; elogia lo spirito di penitenza di Marciano; esalta le sue doti soprannaturali e le sue mistiche elevazioni; descrive la vita ascetica dell'eremita, e ricorda l'ammirazione di cui era contornato nel deserto. Ha inoltre il pregio, non comune a tutti i biografi di simili personaggi, di riportare i detti dei monaco saggio e solitario.
Una volta, per esempio, si recarono a visitarlo cinque Vescovi, per interrogarlo, o come oggi si direbbe, per intervistarlo. Gli si posero intorno, seduti, in attesa della sua prima risposta, che però non veniva.
Silenzioso e immobile, in mezzo a quei Vescovi, il vecchio Marciano sembrava un tronco d'albero, scuro e rugoso.
I suoi intervistatori non erano però giunti da lui perché spinti dalla curiosità o eccitati dalla novità. Gli fecero capire che il suo silenzio poteva essere segno di umiltà, ma anche mancanza di carità. Marciano allora parlò: "il Signore dell'universo - disse - ci parla continuamente per mezzo del creato; ci istruisce per mezzo delle Sacre Scritture; ci insegna quel che dobbiamo fare, spaventandoci con la minaccia dei castighi e spronandoci con la promessa dei premi divini. Che cosa potrebbe aggiungere Marciano a tutto ciò? Marciano che, come gli altri, non ascolta il suo Dio né segue i suoi santi consigli?".
Un altro giorno, fu visitato da un eremita che viveva nello stesso deserto. Marciano gli offri qualcosa per sfamarsi. L'altro se ne scandalizzò. E il Santo allora parlò, per ristabilire quel la che noi diremmo la gerarchia dei valori.
"Non si deve - disse - stimare il digiuno più del nutrimento. Dobbiamo invece stimare soprattutto la carità. La carità ci è comandata dal Signore ed è a Lui gradita.
Il digiuno invece dipende da una nostra scelta. Non c'è dubbio, dobbiamo avere in onore più il comandamento di Dio che la nostra austerità ".
Nonostante ciò, egli era austero. Digiunava volontariamente e volentieri; si disciplinava e si mortificava, ma non faceva di queste cose lo scopo della sua vita. L'unico scopo dell'uomo è infatti la carità, anche se abita nel deserto, lontano dagli uomini e dal mondo.
Senza la carità, dice San Paolo, non siamo altro che cembali sonanti; tutti, anche se anacoreti o eremiti nel deserto!
(Fonte: Archivio della Parrocchia)
Giaculatoria - San Marciano di Siria, pregate per noi.

*Beata Margherita di Lorena - Vedova (2 novembre)

1463 - 2 novembre 1521
Moglie del duca di Alençon, Francia. Rimasta vedova, professò in un monastero di Clarisse che lei stessa aveva fatto costruire.
Martirologio Romano: A Mortagne nella Normandia, Beata Margherita di Lorena, che, un tempo duchessa di Alençon, rimasta vedova, professò l’obbedienza alla vita regolare nel monastero di Clarisse da lei stessa fatto costruire.
A dieci anni, durante una passeggiata nel bosco, la nipotina del Re Renato di Sicilia, Duca d'Angiò e di Lorena, si nascose con alcune coetanee, destando apprensione tra le persone del seguito. Ritrovata prima di notte, confessò di aver voluto darsi alla vita eremitica.
Non furono molti a stupirsi, sapendo come il nonno facesse leggere alla bambina le Vite dei Padri del deserto e come il buon Sovrano angioino non si mostrasse né sorpreso né contrariato notando questa
precoce vocazione all'ascetismo nella sua nipotina prediletta.
Nata nel 1463, Margherita era ancora adolescente quando il nonno morì. Tornata in Lorena , qualche anno dopo sposò il Duca d'Alençon, che si chiamava anch'egli Renato. Ma la vita dei due sposi non fu facile, perché i disastri della Guerra dei Cent'Anni angustiavano il piccolo Ducato. E peggio fu quando Renato d'Alençon morì, nel 1492, lasciando Margherita vedova a 32 anni, con tre figli ancora bambini.
Da allora, la vita della donna forte fu dedicata all'educazione dei tre orfani, che i parenti avrebbero voluto sottrarre alla sua tutela, e che ella invece seppe far crescere tra i più promettenti e ammirati giovani di sangue reale, e finalmente sposare con ottimi matrimoni.
Una volta libera dall'impegno dei figli, Margherita di Lorena volle anche liberarsi dal peso del ducato, portato con scrupolosa abnegazione durante 22 anni di vedovanza. Dei suoi beni personali fece tre parti: una destinata ai poveri, l'altra alla Chiesa, la terza al proprio sostentamento. Poi si ritirò nel castello di Essai, che divenne un vero monastero laico, in stretto contatto con le Clarisse di Alençon.
Il Vescovo della Diocesi dovette invitare la Duchessa a moderare il proprio zelo ascetico, che la portava non solo a trascorrere notti quasi insonni, in preghiera, a indossare cilici, a digiunare a lungo, ma anche a disciplinarsi con estremo rigore per provare, com'ella stessa soleva dire, " qualcosa della Passione di Gesù ".
Cedendo alle esortazioni del prelato, Margherita di Lorena accettò di mutare metodo: prese a curare le piaghe degli ammalati, presso un dispensario da lei aperto a Mortagne.
Finalmente, la vocazione religiosa della nipotina del buon Re Renato poté essere coronata nel modo più completo e anche più austero, quando Margherita entrò tra le povere Clarisse di Argentan, accettando di condividere la durissima vita delle figlie di Santa Chiara, che oggi la onorano come una loro Beata.
Dopo due anni, la Duchessa si ammalò. A chi le proponeva un cambiamento d'aria, rispose che era necessario obbedire alla Regola, ma non era necessario vivere.
Infatti non visse a lungo, e si preparò alla morte rimettendosi completamente nelle mani della Madre Superiora, perché questa la rimettesse a sua volta nelle mani del Salvatore.
Morì da vera clarissa, la sera del giorno dei defunti, nel 1521. Sul petto le fu trovata una croce di ferro, con tre punte che penetravano nella carne della Duchessa di Lorena, nipotina preferita del Re Renato d'Angiò.
(Fonte: Archivio della Parrocchia)
Giaculatoria - Beata Margherita di Lorena, pregate per noi.    

*Beate Mateo Lopez Lopez - Sacerdote e Martire (2 novembre)

Schede dei gruppi a cui appartiene:
Beati 115 Martiri spagnoli di Almería Beatificati nel 2017
Santi, Beati e Servi di Dio Martiri nella Guerra di Spagna Vittime della persecuzione religiosa

Vera, Spagna, 1 gennaio 1911 – 2 novembre 1938

Mateo López López nacque a Vera, in provincia e diocesi di Almería, il 1 gennaio 1911. Il 16 marzo 1935 fu ordinato sacerdote.
Era parroco reggente della parrocchia di Lúcar quando morì in odio alla fede cattolica, nella sua casa natale, il 2 novembre 1938.
Inserito in un gruppo di 115 martiri della diocesi di Almeria, è stato beatificato ad Aguadulce, presso Almería, il 25 marzo 2017.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)

Giaculatoria - Beato Mateo Lopez Lopez, pregate per noi.    

*Beato Pio Campidelli (2 novembre)
Poggio Berni (Rimini), 29 aprile 1868 - 2 novembre 1889
Nato nel 1868 a Trebbio, nel Riminese, conobbe i Passionisti a 12 anni, durante una missione popolare.
A 14 entrò nel noviziato di Casale (Rimini) e nel 1884 emise la professione religiosa.
Mentre si preparava al sacerdozio, venne colpito dalla tubercolosi e morì il 2 novembre 1889 ad appena 21 anni e mezzo.
È Beato dal 1985, anno internazionale della gioventù.
Riposa nel santuario della Madonna di Casale, a San Vito di Romagna (Rimini), meta di molti pellegrini, specialmente giovani. (Avvenire)
Martirologio Romano: A Casale in Romagna, Beato Pio di San Luigi (Luigi) Campidelli, religioso della Congregazione della Passione, che, ancora giovane, colpito da una violenta malattia, si abbandonò totalmente alla volontà di Dio.
Pio Campidelli nasce a Trebbio di Poggio Berni (Rimini) il 29 aprile 1868 da Giuseppe e Filomena Belpani, quarto di sei figli.
Orfano di padre a sei anni, manifesta sin da piccolo un animo buono, incline alla preghiera e amante dello studio. A scuola è esemplare per serietà ed impegno tanto da essere il migliore della classe.
Spesso lo si vede togliere i sassi dalla strada per evitare le bestemmie dei passanti. Diventa anche il catechista dei suoi coetanei che accorrono numerosi a sentirlo.
Pio conosce i Passionisti a 12 anni, durante una missione popolare a Poggio Berni. Ascolta i due missionari e resta affascinato dal loro entusiasmo e dalla loro serenità.
Si reca subito a Casale di San Vito per chiedere di diventare passionista, ma è invitato ad attendere perché è ancora troppo piccolo.
Finalmente il 2 maggio 1882 entra in convento e veste l’abito passionista; emette la professione religiosa il 30 aprile 1884.Il giovane vive esemplarmente la sua giornata, dando a tutti testimonianza di vita coerente e gioiosa. Si distingue per la straordinaria devozione all'Eucarestia, il Crocifisso e per il suo tenero amore per la Madonna.
La sorella Teresa dirà di averlo visto sempre contentissimo quando andava a fargli visita. La mamma sente la mancanza del figlio tanto a lei caro e gli chiede un giorno se vuole tornarsene a casa, ma si sente rispondere: “Nemmeno per tutto l’oro del mondo”.
Pio non arriva all’ordinazione sacerdotale perché si ammala di tubercolosi. Però conserva sempre la sua serenità.Consola la mamma che è andata a trovarlo per l’ultima volta, dicendole: “ Coraggio
mamma, ci rivedremo in Paradiso”. Muore il 2 novembre 1889, come lui stesso aveva predetto.
Ha solo 21 anni. Durante la malattia più volte aveva ripetuto: “Offro la vita per la Chiesa, per il Sommo Pontefice, per la Congregazione, per la conversione dei peccatori e specialmente per il bene della mia diletta Romagna”.
Viene seppellito nel cimitero di San Vito alla presenza di una folla numerosa e commossa, poiché si era subito sparsa la voce che era morto il “santino di Casale”. Nel 1923 i suoi resti furono trasportati del Santuario di Casale.
Il 21 marzo 1983 Giovanni Paolo II proclama Pio “Venerabile” riconoscendo nella sua vita i segni inequivocabili della santità. Il 6 dicembre 1984 è approvato il miracolo attenuto da Suor Maria Foschi per intercessione di Pio.
Il 17 giugno 1985 si procede alla ricognizione delle sue ossa, trovate in stato di perfetta conservazione.  Nella cornice maestosa della Basilica di San Pietro, a Roma, il 17 novembre 1985 Pio è dichiarato “Beato” dal Papa.
Tutto il mondo assiste, in diretta TV, all’esaltazione di quest’umile romagnolo. La Chiesa lo ricorda il 2 novembre, mentre le Congregazioni Passioniste ne celebrano il culto il 3 novembre.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Pio Campidelli, pregate per noi.

*Santa Vinfreda (Gwenfrewi, Winfred of Wales) - Vergine e Martire (2 novembre)
Hollywell, Wales, 600 c. - Caradog of Hawarden, 3 novembre 660
Emblema: Palma
Martirologio Romano: Presso la fonte in località Holywell in Galles, Santa Vinfreda, vergine, venerata come illustre monaca.
Il nome di Gwenfrewi, patrona del Galles, appare piú spesso nella forma inglese Winifred o Winifrid; un'altra forma è Guineura. Non c'è alcuna testimonianza della santità e neppure dell'esistenza di Gwenfrewi anteriore a due Vitae del sec. XII, cioè cinque secoli dopo l'epoca presunta della santa. La cosiddetta Vita prima fu scritta probabilmente da un monaco di
Basingwerk intorno all'anno 1200; la secunda, che invece è la piú lunga e piú antica, è opera di Roberto, priore di Shrewshury intorno all'anno 1139. Il nome di Gwenfrewi non appare, d'altra parte, prima del sec. XIII nei Calendari gallesi.
Dalle due Vitae la storia di Gwenfrewi risulta abbastanza interessante; suo padre era Teuyth, figlio di Eylud, il quale visse nel Tegeingl (Flintshíre) e fu valoroso soldato e comandante sotto re Eliuth. Madre di Gwenfrewi era Gweolo, figlia di Bugi e sorella di San Beuno.
Teuvth dette a San Beuno della terra a Svchnant, ove questi costruí una chiesetta. In cambio San Beuno divenne il maestro spirituale di Gwenfrewi, figlia unica di Teuyth.
Una domenica, era il 22 giugno, i genitori di Gwenfrewi la lasciarono sola in casa per andare alla Messa.
Disgraziatamente Caradog di Hawarden, figlio del re Alauc, che era andato a caccia ed era assetato, venne alla casa di Teuvth a cercare acqua. Quando comprese che Gwenfrewi era sola le fece proposte sconvenienti; benché allarmata, Gwenfrewi saggiamente disse di volersi ritirare in un'altra camera per indossare il suo abito migliore, e scappò, andando a Sychnant a chiamare in aiuto San Benno.
Adirato, Caradog la inseguí a cavallo e, raggiuntala davanti alla chiesa, l e tagliò la testa. Nel punto in cui cadde la testa scaturí una sorgente, chiamata poi Holvwell. Quando lo zio San Beuno giunse. rimise la testa di Gwenfrewi al suo posto e, come fu detto, solo una cicatrice, come una linea bianca, rimase attorno al collo della santa, quindi maledisse Der la sua perfidia Caradog, che morí in una maniera orribile.
Vi sono diversi resoconti contrastanti su quello che accadde a Gwenfrewi dopo la sua meravigliosa guari gione. La Vita prima afferma che Gwenfrewi si recò a Roma, ma ne tornò per presenziare ad un concilio di monaci e eremiti britannici sulla riunione degli eremiti in conventi.
La Vita seconda, invece, narra che s. Beuno lasciò Holywell per Clynnog, nel regno di re Cadvallon, figlio di Cadfan, intorno al 630 mentre, probabilmente, Gwenfrewi vi rimase dopo la sua partenza per sette o otto anni, fondando un convento per vergini. Si dice pure che trascorse un periodo di tempo a Bodfari con San Deifer, che la mandò a Henllan da San Sadwrn, che a sua volta la mandò a Gwytherin da Sant'Elerio il quale mise Gwenfrewi nel vicino convento di sua madre, Theonia. Gwenfrewi succedette a Theonia come superiora di undici vergini. e morí a Gwytherin il 2 o 3 novembre, circa quindici anni dopo la sua decapitazione (650?). Fu sepolta da s. Elerio.
La sorgente di Holywell, ora molto impoverita da scavi vicini, è stata sempre nota per il volume dell'acqua che vi scaturiva ed è la piú famosa fonte sacra delle isole britanniche continuando ad
attrarre molti pellegrini, che vi si curano con risultati positivi confermati dalle autorità mediche. Altre fonti dedicate a Gwenfrewi si trovano a Woolston (Shropshire) e ad Oxford (Holywell).
Le reliquie di Gwenfrewi furono translate con grande solennità nell'abbazia di Shrewsbury nel 1138, come riferisce la Vita secunda scritta da Roberto priore di Shrewsbury, nel 1139 o 1140. Nel 1398 l'arcivescovo Arundel di Canterbury ordinò che si celebrasse la festa di Gwenfrewi nell'arcidiocesi di Canterbury, ordine rinnovato dal successore Chichele nel 1415 .
Da allora la sua popolarità è cresciuta: Gwenfrewi è diventata la patrona del Galles e la sua intercessione è invocata ovunque si reciti la preghiera per il paese.
La festa di Gwenfrewi è celebrata il 3 novembre probabilmente il giorno della sua morte, mentre il 22 giugno si celebrava la ricorrenza della sua decollazione; alcuni calendari menzionano invece Gwenfrewi al 19 ed al 20 settembre.
Gwenfrewi e lo zio s. Beuno sono effigiati su un pulpito del XIV sec. nel refettorio dell'abbazia di Shrewsbury. Una statua di Gwenfrewi, conservata alla sua fonte, la mostra con un ramo di palma ed un pastorale e, sebbene non fosse una principessa, il capo è coronato.
(Autore: Joachim Dolan - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santa Vinfreda, pregate per noi.  

*San Vittorino - Vescovo e Martire (2 novembre)
+ 303
San Vittorino, celebre esegeta, fu vescovo nell'Alta Pannonia, precisamente presso Poetavium, poi Pettau, odierna Ptuj in Slovenia. Poche sono le notizie tramandate sul suo conto.
I pochi frammenti si devono a casuali riferimenti nelle opere di San Girolamo, Optato di Milevis e Cassiodoro. Da questi emerge che Vittorino, dopo essere stato retore, divenne vescovo di Pettau e scrisse commentari relativi all'Antico e Nuovo Testamento.
Girolamo giudicò l'operato del santo vescovo assai qualificato, sebbene gravi l'ipotesi della sua adesione all'eresia del milleranismo che a qual tempo dilagava in quelle zone.
Essa sosteneva che Cristo sarebbe ritornato sulla terra per regnarvi mille anni. Vittorino pare essere morto martire della fede durante la violenta persecuzione scoppiata al termine del regno dell'imperatore Diocleziano, verso l'anno 303.
Il suo culto sopravvisse ai travagli che nel corso dei secoli colpirono la zona dove esercitò il suo ministero e, per un certo periodo, venne erroneamente indicato come primo vescovo di Poitiers. (Avvenire)
Martirologio Romano: Commemorazione di San Vittorino, vescovo di Ptuj in Pannonia, nell’odierna Slovenia, che pubblicò molti scritti di esegesi della Sacra Bibbia e fu coronato dal martirio durante la persecuzione dell’imperatore Diocleziano.
San Vittorino, celebre esegeta, fu vescovo nell’Alta Pannonia, precisamente presso Poetavium, poi Pettau, odierna Ptuj in Slovenia.
La sua “passio” è andata persa e perciò assai poche notizie sono state tramandate sul suo conto, grazie ad alcuni casuali riferimenti nelle opere di San Girolamo, Optato di Milevis e Cassiodoro.
Da questi preziosi documenti emerge che Vittorino, dopo essere stato retore, ascese alla cattedra episcopale di Pettau e redasse commentari relativi all’Antico e Nuovo Testamento.
Proprio da tali opere il grande San Girolamo trasse delle citazioni e dell’autore asserì che fosse un buon studioso, notando, come riportò l’agiografo Alban Butler, che “le sue opere erano sublimi nel significato, sebbene il latino fosse semplice, poiché l’autore era greco di nascita”.
Girolamo giudicò inoltre l’operato del Santo vescovo assai qualificato, sebbene gravi l’ipotesi della sua adesione all’eresia del milleranismo che a qual tempo dilagava in quelle zone.
Essa sosteneva che Cristo sarebbe ritornato sulla terra per regnarvi mille anni.
Vittorino pare essere morto martire della fede durante la violenta persecuzione scoppiata al termine del regno dell’imperatore Diocleziano, verso l’anno 303.
Il suo culto e la fama di santità sopravvissero ai travagli che nel corso dei secoli afflissero la zona ove esercitò il suo ministero e, ad un certo punto, si pensò erroneamente che fosse stato il primo vescovo di Poitiers.
(Autore: Fabio Arduino – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
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*Altri Santi del giorno (2 novembre)

*San

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